Ritorno

Era sabato 8 febbraio del 1969 quando i padri olivetani fecero ritorno a Rodengo, dopo un’assenza di ben 172 anni (causata dalle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi). Erano in tre: padre Damiano a cui verrà affidata la parrocchia, padre Graziano e dom Fedele, che ritornerà poco dopo a Monte Oliveto. Quasi subito si aggiunse padre Antonio, richiamato dopo pochi mesi a Monte Oliveto come decano; venne a sostituirlo padre Placido. Anche lui dovrà lasciare l’abbazia poco dopo perché eletto priore a S. Stefano di Bologna. Infine, giunse a Rodengo padre Michelangelo, attuale abate generale emerito della Congregazione di Monte Oliveto.

Trovarono l’abbazia in cattivo stato, completamente abbandonata, mal ridotta. L’unico settore decente era quello della dimora del parroco al piano superiore e quattro locali al piano terra già camere del fattore, adibiti ad uffici parrocchiali. La popolazione di Rodengo regalò ai monaci una stufa per la cucina, frigorifero, tavoli e quattro sedie e li aiutò nel lavoro di imbiancatura. L’impegno principale dei monaci era quello del recupero graduale del monastero e, inoltre, dovevano assistere la parrocchia che, dopo la morte di don Bernardo Cramer, era rimasta senza pastore…

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Le prime informazioni storiche su Rodengo dal punto di vista ecclesiale, si hanno intorno al VII–VIII secolo, quando si pensa che la prima comunità cristiana si riunisse intorno ad una diaconia dedicata a Santo Stefano, costruita su una importante via romana in contrada Cinculli, dove oggi troviamo la frazione di Pontecingoli.

Verso la fine del XII sec., si ha notizia che, la chiesa di San Pietro, eretta nel “castello”, primo nucleo dell’abbazia oggi esistente, era officiata da un sacerdote monaco.

È forse nel XIII secolo che la comunità cristiana si organizza intorno a Santo Stefano (che comunque rimane ancora sotto la giurisdizione della Pieve di Gussago). Documenti storici raccontano che nel terreno antistante la chiesetta di S. Stefano, venivano sepolti i bambini di età inferiore ai 10 anni. Con lettera apostolica di Papa Nicola V del 20 Settembre 1448, viene stabilito che Santo Stefano venga unita al monastero di San Nicolò, abitato dai monaci olivetani.

Nel 1567 la parrocchia registrava la presenza  di:
– chiesa di San Dionigi (serrata e senza entrata)
– chiesa di San Rocco in Padergnone (eretta nel XV secolo)
– chiesa di Santo Stefano (antica chiesa parrocchiale)
– chiesa di San Nicola (chiesa abbaziale e oggi anche chiesa parrocchiale).

Verso i primi decenni del 1600 la comunità olivetana assorbì Santo Stefano. Sembra che il Battistero che c’era in Santo Stefano sia stato trasportato nell’attuale chiesa di San Nicola.

Nel 1797, con la soppressione degli ordini religiosi, la comunità monastica dovette abbandonare il monastero e la vicinia chiede che venga confermato parroco un ex monaco olivetano (Bernardo Chinelli) con un beneficio di alcuni piò di terreno.

Nel 1829, alla morte del parroco, sorge un contenzioso per stabilire a chi spettasse il patronato della parrocchia: al governo austriaco, al fisco che aveva avvocato i beni, all’ospedale delle donne beneficiario e proprietario dei beni, o al Vescovo. Il 19 Settembre 1829 al Vescovo venne riconosciuto il diritto di nomina che esercitò nominando parroco Don Pietro Pace di Magno di Inzino.

Nel 1880, un decreto vescovile ridimensiona la parrocchia aggregando alla Parrocchia di Castegnato le frazioni di Borbone, Case, Barco e Pianera.

Nel 1938, Don Bernardo Cramer diventa parroco e dà il via ad una lunga serie di attività pastorali. Nel 1968 Don Bernardo Cramer muore e nel 1969 i monaci benedettini di Monte Oliveto ritornano in abbazia e la parrocchia passa sotto la loro guida.

Per conoscere meglio le vicende storiche dell’abbazia di Rodengo, visita la sezione => Arte e storia